martedì 21 ottobre 2014

La buona scuola di Renzi ovvero restituiamo alla BUONA SCUOLA ESISTENTE le risorse che sono state sottratte? di Paola Matteucci

Considerazioni di un'insegnante di scuola dell'infanzia

Credo che mai come in questo momento sia indispensabile parlare del vero lavoro di tutti coloro che lavorano nella scuola. In questi ultimi anni abbiamo forse lasciato troppo spazio a coloro che con molta superficialità hanno valutato il nostro lavoro solo sulla base del numero di ore scuola senza badare né alla ricchezza di tali ore, né tanto meno al lavoro che c'è dietro, a fianco e davanti a quelle ore.
Ci siamo cioè immersi nel nostro lavoro (e non missione!), nella passione (e non vocazione!) e nell'attenzione verso i nostri allievi lasciando che l'abitudine al mugugno e la disaffezione per tutto ciò che è pubblico andasse avanti per la sua strada. Ci siamo in pratica accontentati della soddisfazione di partecipare alla crescita di bambini e ragazzi. Certo non è cosa da poco e purtroppo non tutti i lavori possono essere altrettanto gratificanti, ma alla lunga tutto questo denigrare ci sta facendo male. Siamo andati avanti nonostante il numero elevato di allievi, la quasi abolizione delle compresenze ed i fondi sempre più miseri.
I tagli che da anni stanno colpendo sia i nostri stipendi che l'organizzazione stessa delle scuole, stanno producendo lentamente, ma inesorabilmente, stanchezza e disaffezione.
Mai come in questi ultimi anni ho sentito la frase “ma chi me lo fa fare!”.
E se fino ad ora è stata solo la frase, non è da escludere che presto qualcuno decida di non fare più.
Le difficoltà che ogni giorno dobbiamo superare per riuscire a realizzare i bei progetti che magari abbiamo studiato e organizzato durante l'estate sono di tutti i generi: con quali soldi? In quale momento della giornata? Ci sarà ancora quel piccolo momento di compresenza che ci è rimasto? Piacerà ai genitori? L'insegnante di sostegno che segue il nostro allievo sarà disponibile proprio in quelle ore? Il materiale occorrente arriverà in tempo? Gli spazi da utilizzare saranno agibili? Chi sarà il mio collega? Sono solo le prime domande che ci poniamo.
Per non parlare poi della necessità di tagliare sui progetti stessi perché anche quei pochi fondi per il miglioramento dell'offerta formativa rimasti non sono mai certi e magari bastano appena per alcuni e non per tutti.
Se poi a tutto ciò aggiungiamo la necessità che ognuno di noi ha di aggiornarsi e di comprendere i mutamenti che in questi ultimi anni si sono verificati nella società con i relativi problemi di adattamento, non è difficile pensare che un senso di scoramento possa colpirci in qualche momento dell'anno. Pensiamo solo alla forte pressione migratoria che ha portato nelle nostre scuole una grande varietà di etnie, culture, lingue ed usanze che sicuramente costituiscono una grande ricchezza, ma solamente se si hanno possibilità e capacità per rispondere alla varietà di bisogni che si estrinsecano e per colmare gli inevitabili svantaggi dei nuovi arrivati.
E intanto intorno a noi continua la politica di “screditamento” del nostro lavoro.
Dalla scuola dell'infanzia sono spesso partiti i grandi mutamenti e le sperimentazioni che a volte hanno varcato i confini nazionali per diventare esempio di buona scuola anche all'estero.
La scuola dell'infanzia, forse proprio perché meno imbrigliata in programmi predefiniti, cerca, progetta, sperimenta e si adatta per riuscire nel difficile compito di includere tutti.
Io credo che sia importante che le esperienze e le strategie che ognuno di noi insegnanti ed operatori della scuola dell'infanzia adottiamo di anno in anno, trovino il modo di uscire dalle singole scuole per diventare un patrimonio da cui attingere nei momenti di sconforto per non sentirci più soli.
La politica del ridimensionamento che ha portato alla nascita di tanti Istituti Comprensivi potrebbe costituire una ricchezza, un'opportunità per condividere e confrontare esperienze, per verificare direttamente l'efficacia dei nostri percorsi.
Tra l'altro abbiamo uno strumento, il curricolo verticale, per far sentire la nostra voce.
Raccontiamo quello che facciamo, anche le piccole esperienze che danno grandi soddisfazioni.
Anche questo può essere un modo per rivalutare il nostro lavoro e ritrovare l'energia per difenderlo.
Sono convinta che continuare a svolgere al meglio il nostro lavoro non sia però sufficiente ad impedire che la scuola venga svuotata e demolita poco per volta. Non basta più poter dire “sono in pace con me stesso”. L'allontanamento dalla politica e dall'impegno civico può portare a perdere di vista il ruolo determinante dell'istruzione nella formazione dei cittadini di domani.
Tocca a noi quindi fare in modo che i sindacati in particolar modo siano spazi entro i quali confrontarci sui cambiamenti della società, del pensare o sulle scelte didattiche. Non sono solo uffici ai quali rivolgerci per il calcolo della pensione!
Scegliere ad esempio di mettere in atto l'apprendimento cooperativo o perpetuare la lezione frontale come unica modalità di rapporto, avversare i test invalsi come strutturati oggi o al contrario sostenerli, non sono semplici scelte didattiche, ma sono scelte di campo. Si può scegliere di formare cittadini coscienti o consumatori incoscienti. E anche la nostra scelta di aderire o meno ad un sindacato, di partecipare o meno alle scelte di cambiamento dei governi può influenzare il nostro modo di resistere ed esistere nella scuola di oggi.
Credo quindi che sia importante che ci facciamo sentire con la forza del nostro impegno nel lavoro, quindi con la forza della nostra esperienza che mettiamo in condivisione, affinché non possa più esserci un Renzi qualsiasi che con molta superficialità tenti di farci diventare solamente parte di un meccanismo utile ai processi produttivi.
E se Renzi si “dimentica” del personale ATA, noi dobbiamo ricordare a tutti quanto sia importante la collaborazione che riceviamo ogni giorno sia nella gestione del quotidiano (assistenza agli allievi HC o, in particolare nella scuola dell'infanzia, l'aiuto nell'accudire i bambini che si sporcano, che piangono, che necessitano di aiuto per mangiare o semplicemente di una coccola in più) che nella gestione annuale quando dobbiamo organizzare la gita o richiedere i preventivi per ordinare il materiale didattico o l'apertura straordinaria della scuola o, argomento oggi di notevole importanza, nei controlli di sicurezza e nelle prove di evacuazione, sperando che siano sempre e solo prove. Tutto ciò per citarne solo una parte.
Questo governo che dichiara di amare il confronto, rifiuta di discutere veramente sulla sua proposta chiedendo di valutarla solo con un tweet e promuove il confronto solo con coloro che nella scuola non ci sono e non per ottenere suggerimenti o proposte, ma, da bravo venditore, per ottenere investimenti in cambio della possibilità di intervenire pesantemente sulla formazione dei sudditi di domani.
La scuola che noi vogliamo è un'altra cosa!
Raccontiamo quello che facciamo e come lo facciamo. Mettiamo in evidenza quello che ci serve. Rivendichiamo che sia riconosciuta la professionalità di tutti coloro che in questi anni si sono impegnati nel difficile compito di portare conoscenza.
Promuoviamo la discussione sui contenuti del documento “la buona scuola” confrontandoli con quanto da anni viene proposto da chi la scuola la vive e non viene ascoltato.
Renzi chiede ai genitori, ai cittadini di esprimersi a favore del suo progetto attraverso internet, noi chiediamo incontri pubblici. L'USR chiede di mettere in prima pagina sui siti delle scuole il banner per andare al sito della buona scuola e di invitare i genitori a votare, allora propongo che noi chiediamo ai sindaci, alle circoscrizioni, alle associazioni di insegnanti di promuovere dibattiti con i cittadini e spieghiamo cosa abbiamo fatto in questi anni. Facciamo sentire che esistiamo non solo come numeri sulla carta!


Paola Matteucci

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