Considerazioni
di un'insegnante di scuola dell'infanzia
Credo che
mai come in questo momento sia indispensabile parlare del vero lavoro
di tutti coloro che lavorano nella scuola. In questi ultimi anni
abbiamo forse lasciato troppo spazio a coloro che con molta
superficialità hanno valutato il nostro lavoro solo sulla base del
numero di ore scuola senza badare né alla ricchezza di tali ore, né
tanto meno al lavoro che c'è dietro, a fianco e davanti a quelle
ore.
Ci siamo
cioè immersi nel nostro lavoro (e non missione!), nella passione (e
non vocazione!) e nell'attenzione verso i nostri allievi lasciando
che l'abitudine al mugugno e la disaffezione per tutto ciò che è
pubblico andasse avanti per la sua strada. Ci siamo in pratica
accontentati della soddisfazione di partecipare alla crescita di
bambini e ragazzi. Certo non è cosa da poco e purtroppo non tutti i
lavori possono essere altrettanto gratificanti, ma alla lunga tutto
questo denigrare ci sta facendo male. Siamo andati avanti nonostante
il numero elevato di allievi, la quasi abolizione delle compresenze
ed i fondi sempre più miseri.
I tagli che
da anni stanno colpendo sia i nostri stipendi che l'organizzazione
stessa delle scuole, stanno producendo lentamente, ma
inesorabilmente, stanchezza e disaffezione.
Mai come in
questi ultimi anni ho sentito la frase “ma chi me lo fa fare!”.
E se fino ad
ora è stata solo la frase, non è da escludere che presto qualcuno
decida di non fare più.
Le
difficoltà che ogni giorno dobbiamo superare per riuscire a
realizzare i bei progetti che magari abbiamo studiato e organizzato
durante l'estate sono di tutti i generi: con quali soldi? In quale
momento della giornata? Ci sarà ancora quel piccolo momento di
compresenza che ci è rimasto? Piacerà ai genitori? L'insegnante di
sostegno che segue il nostro allievo sarà disponibile proprio in
quelle ore? Il materiale occorrente arriverà in tempo? Gli spazi da
utilizzare saranno agibili? Chi sarà il mio collega? Sono solo le
prime domande che ci poniamo.
Per non
parlare poi della necessità di tagliare sui progetti stessi perché
anche quei pochi fondi per il miglioramento dell'offerta formativa
rimasti non sono mai certi e magari bastano appena per alcuni e non
per tutti.
Se poi a
tutto ciò aggiungiamo la necessità che ognuno di noi ha di
aggiornarsi e di comprendere i mutamenti che in questi ultimi anni si
sono verificati nella società con i relativi problemi di
adattamento, non è difficile pensare che un senso di scoramento
possa colpirci in qualche momento dell'anno. Pensiamo solo alla forte
pressione migratoria che ha portato nelle nostre scuole una grande
varietà di etnie, culture, lingue ed usanze che sicuramente
costituiscono una grande ricchezza, ma solamente se si hanno
possibilità e capacità per rispondere alla varietà di bisogni che
si estrinsecano e per colmare gli inevitabili svantaggi dei nuovi
arrivati.
E intanto
intorno a noi continua la politica di “screditamento” del nostro
lavoro.
Dalla scuola
dell'infanzia sono spesso partiti i grandi mutamenti e le
sperimentazioni che a volte hanno varcato i confini nazionali per
diventare esempio di buona scuola anche all'estero.
La scuola
dell'infanzia, forse proprio perché meno imbrigliata in programmi
predefiniti, cerca, progetta, sperimenta e si adatta per riuscire nel
difficile compito di includere tutti.
Io credo che
sia importante che le esperienze e le strategie che ognuno di noi
insegnanti ed operatori della scuola dell'infanzia adottiamo di anno
in anno, trovino il modo di uscire dalle singole scuole per
diventare un patrimonio da cui attingere nei momenti di sconforto per
non sentirci più soli.
La politica
del ridimensionamento che ha portato alla nascita di tanti Istituti
Comprensivi potrebbe costituire una ricchezza, un'opportunità per
condividere e confrontare esperienze, per verificare direttamente
l'efficacia dei nostri percorsi.
Tra l'altro
abbiamo uno strumento, il curricolo verticale, per far sentire la
nostra voce.
Raccontiamo
quello che facciamo, anche le piccole esperienze che danno grandi
soddisfazioni.
Anche questo
può essere un modo per rivalutare il nostro lavoro e ritrovare
l'energia per difenderlo.
Sono
convinta che continuare a svolgere al meglio il nostro lavoro non sia
però sufficiente ad impedire che la scuola venga svuotata e demolita
poco per volta. Non basta più poter dire “sono in pace con me
stesso”. L'allontanamento dalla politica e dall'impegno civico può
portare a perdere di vista il ruolo determinante dell'istruzione
nella formazione dei cittadini di domani.
Tocca a noi
quindi fare in modo che i sindacati in particolar modo siano spazi
entro i quali confrontarci sui cambiamenti della società, del
pensare o sulle scelte didattiche. Non sono solo uffici ai quali
rivolgerci per il calcolo della pensione!
Scegliere ad
esempio di mettere in atto l'apprendimento cooperativo o perpetuare
la lezione frontale come unica modalità di rapporto, avversare i
test invalsi come strutturati oggi o al contrario sostenerli, non
sono semplici scelte didattiche, ma sono scelte di campo. Si può
scegliere di formare cittadini coscienti o consumatori incoscienti. E
anche la nostra scelta di aderire o meno ad un sindacato, di
partecipare o meno alle scelte di cambiamento dei governi può
influenzare il nostro modo di resistere ed esistere nella scuola di
oggi.
Credo quindi
che sia importante che ci facciamo sentire con la forza del nostro
impegno nel lavoro, quindi con la forza della nostra esperienza che
mettiamo in condivisione, affinché non possa più esserci un Renzi
qualsiasi che con molta superficialità tenti di farci diventare
solamente parte di un meccanismo utile ai processi produttivi.
E se Renzi
si “dimentica” del personale ATA, noi dobbiamo ricordare a tutti
quanto sia importante la collaborazione che riceviamo ogni giorno sia
nella gestione del quotidiano (assistenza agli allievi HC o, in
particolare nella scuola dell'infanzia, l'aiuto nell'accudire i
bambini che si sporcano, che piangono, che necessitano di aiuto per
mangiare o semplicemente di una coccola in più) che nella gestione
annuale quando dobbiamo organizzare la gita o richiedere i preventivi
per ordinare il materiale didattico o l'apertura straordinaria della
scuola o, argomento oggi di notevole importanza, nei controlli di
sicurezza e nelle prove di evacuazione, sperando che siano sempre e
solo prove. Tutto ciò per citarne solo una parte.
Questo
governo che dichiara di amare il confronto, rifiuta di discutere
veramente sulla sua proposta chiedendo di valutarla solo con un tweet
e promuove il confronto solo con coloro che nella scuola non ci sono
e non per ottenere suggerimenti o proposte, ma, da bravo venditore,
per ottenere investimenti in cambio della possibilità di intervenire
pesantemente sulla formazione dei sudditi di domani.
La scuola
che noi vogliamo è un'altra cosa!
Raccontiamo
quello che facciamo e come lo facciamo. Mettiamo in evidenza quello
che ci serve. Rivendichiamo che sia riconosciuta la professionalità
di tutti coloro che in questi anni si sono impegnati
nel difficile compito di portare conoscenza.
Promuoviamo
la discussione sui contenuti del documento “la buona scuola”
confrontandoli con quanto da anni viene proposto da chi la scuola la
vive e non viene ascoltato.
Renzi chiede
ai genitori, ai cittadini di esprimersi a favore del suo progetto
attraverso internet, noi chiediamo incontri pubblici. L'USR chiede di
mettere in prima pagina sui siti delle scuole il banner per andare
al sito della buona scuola e di invitare i genitori a votare, allora
propongo che noi chiediamo ai sindaci, alle circoscrizioni, alle
associazioni di insegnanti di promuovere dibattiti con i cittadini e
spieghiamo cosa abbiamo fatto in questi anni. Facciamo sentire che
esistiamo non solo come numeri sulla carta!
Paola
Matteucci
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