lunedì 30 marzo 2015

INTRODUZIONE A RISE UP! DEL 30 APRILE 2015

Questo numero di Rise Up intende specificatamente affrontare il disegno di legge a partire dal alcuni nodi centrali: organici e reclutamento, la direzione scolastica, organi collegiali e libertà di insegnamento, contrattazione, inclusione e medicalizzazione.
Nella prospettiva del disegno di legge la scuola pubblica è il campo di sperimentazione di una “pedagogia neoliberista” che ruota intorno alla figura del lavoratore/impresa, quale “soggetto competitivo”. Il soggetto-insegnante vede riconosciuto il suo ruolo se aderisce ad una logica di scambio evidenziata dal legame tra prestazione individuale (in concorrenza con gli altri) e riconoscimenti economici ed opportunità professionali, destrutturando alla radice la cultura della cooperazione e della collegialità. Ciò configura un nuovo potere disciplinare che sorveglia, sanziona , normalizza e cambia radicalmente il senso dell'azione educativa e della stessa identità dell'insegnamento. La normalizzazione e la medicalizzazione agirà su tutto ciò che la cultura egemone individuerà come estraneo alla norma. Alunni con diverse criticità rischiano di essere incapsulati nel meccanismo escludente del principio di prestazione. Le proposte della FLC CGIL avanzate in questi anni affermano invece una organizzazione democratica che attraverso la collegialità delle decisioni e il valore del lavoro è in grado di affermare pratiche di uguaglianza e per considerare l'istruzione pubblica la più grande infrastruttura di emancipazione sociale. La mobilitazione continua!

1 A proposito di libertà di insegnamento e "buona governance"

1. A proposito di libertà d’insegnamento e “Buona governance”.
Il disconoscimento della professionalità degli insegnanti e l’attacco alla libertà d’insegnamento costituiscono insieme uno tra i principali e caratterizzanti elementi di continuità di tutta la campagna promozionale “Buona scuola”, dalla pubblicazione del PDF sino al disegno di legge recentemente depositato in Parlamento. La vanificazione dei poteri del Collegio docenti ne rappresenta un passaggio voluto e concomitante.
Nella “Buona governance” della scuola il Collegio, che nel concreto assume il nome di Consiglio dei docenti, “avrà l’esclusiva della programmazione didattica”. Scompaiono il ruolo deliberante, dunque di decisore, in ordine all’indirizzo didattico pedagogico di ciascuna scuola autonoma, la funzione fondamentale nel definirne il profilo attraverso l’indirizzo che esso imprime al Piano dell’offerta formativa, il ruolo tecnico, esperto, professionale del Collegio, recepito dai Decreti delegati sin dagli anni Settanta e riconosciuto sino ad oggi rispetto alle altre componenti rappresentate nel Consiglio d’istituto, al momento l’organo di governo della scuola.
“Collegialità non può più essere sinonimo d’immobilismo, di veto, d’impossibilità di decidere alcunché” (La Buona scuola pag. 71): infatti, a proposito di possibilità decisionali occorrerà “distinguere tra potere d’indirizzo e di gestione”: la piena responsabilità della gestione generale è attribuita al Dirigente scolastico, nel ruolo di nuovo organo di governo della scuola insieme al Nucleo di valutazione e il Consiglio d’Istituto, Consiglio dell’Istituzione scolastica, “diventerà titolare dell’indirizzo generale e strategico” di cui il responsabile è il Dirigente. Si delinea così uno sfondo che evoca la riforma degli Organi collegiali senza introdurre un quadro preciso d’insieme o una cornice definita di ruoli e funzioni. Ciò che risulta espresso in modo chiaro invece nei testi che delineano la futura Buona scuola, sino al recente compimento avvenuto nei contenuti del disegno legge, sono i poteri e la figura manageriale e plenipotenziaria del futuro Dirigente scolastico “ responsabile delle scelte didattiche, formative e della valorizzazione delle risorse umane e del merito dei docenti “(Ddl art. 7), secondo un organigramma gerarchico piramidale che definisce ruoli, entità della retribuzione e destino lavorativo.

Il Collegio docenti, una volta divenuto Consiglio dei docenti, compare per esprimere pareri, “essere sentito” e dunque, di fatto, lasciato in buona pace ad espletare funzioni compilative. Lo svolgimento in corso del Sistema nazionale di valutazione e il ruolo recentemente svolto dalle singole scuole a proposito del Rapporto d’Autovalutazione (RAV) ne hanno riprodotto un’efficace anticipazione. delle scelte didattiche della scuola nella forma del dibattito e della deliberazione collegiale, la stessa forma che ha reso attuale l’esercizio della libertà d’insegnamento, come garantito e prescritto dalla nostra Costituzione. I docenti, una volta espropriati della responsabilità e del potere di definire collegialmente le scelte didattiche della scuola perché espropriati, ciascun insegnante per suo conto della libertà d’insegnamento, saranno destinati a riunirsi in un consesso d’esecutori di programmazione didattica, atto a ricevere, nemmeno ratificare, l’indirizzo stabilito dal dirigente scolastico al fine di dispiegare collettivamente e poi esercitare singolarmente una funzione meramente esecutiva.

2 Il dirigente/manager della scuola "aziendale"

Il punto nevrlagico del nuovo profilo manageriale lo si ritrova nell'art.7 comma 1 del DDL e prevede un trasferimento di poteri prima riconosciuti agli organi collegiali (nello specifico al collegio docenti) ed alla contrattazione. Nel disegno di legge il dirigente scolastico assume le seguenti funzioni:
i. definisce gli incarichi di docenza in modo unilaterale senza reali controbilanciamenti e criteri definiti dalla contrattazione nazionale e di istituto.
ii. I criteri per l'attribuzione degli incarichi ai docenti (art.7, comma 3) riguardano la trasparenza delle scelte e la loro pubblicità. E' un versante che rafforza ulteriormente le prerogative manageriali di decisione; il testo non entra nel merito di possibili criteri di tipo professionale.
iii. I dirigenti individuano sino a tre docenti tra quelli di ruolo per svolgere attività di staff nell'organizzazione della decisione. L'assenza di ogni specificazione lascia intendere che la corresponsione economica di queste attività dovrà essere reperita dal FIS, ovvero dal fondo contrattuale dei lavoratori.
iv. I dirigenti scolastici assumono un ulteriore potere straordinario: migliorare la qualità della didattica (art.7, comma 6, e in deroga al DPR 81/2009). In altri termini possono scegliere di ridurre il numero degli alunni per classe, attraverso la formazione di una nuova classe ma sempre “nell'ambito della dotazione organica assegnata e delle risorse”. Una possibilità che non sarà percorribile proprio in virtù di risorse limitate.
v. Riconoscimenti economici del dirigente scolastico. L'attribuzione di nuovi poteri e responsabilità determina un incremento del fondo destinato ai dirigenti scolastici di 12 milioni di euro per il 2015, e di 36 milioni di euro a partire dal 2016. Quello del fondo unico dei dirigenti è, in proporzione, l’incremento di risorse più significativo contenuto nel DDL.
Questa concezione manageriale del dirigente scolastico è incompatibile con una struttura democratica e partecipata dei processi educativi.
Si configura un ruolo che alimenta una forte competizione tra le lavoratrici ed i lavoratori per quanto concerne la retribuzione e l'organizzazione del lavoro. Nel testo la riforma complessiva degli organi collegiali si spinge sino ad ipotizzare alla “definitiva soppressione di organi non più funzionali all'organizzazione generale del sistema scolastico”.

Il dirigente scolastico nella scuola democratica svolge il proprio ruolo nel quadro di un controbilanciamento dei poteri per quanto attiene le scelte didattiche e formative e per quanto attiene all'organizzazione del lavoro ed alla destinazione delle risorse. Un visione della complessità che rifiuta la logica del “sorvegliare e punire”.

3 Contratto e contrattazione. La libertà nei luoghi di lavoro

L'attribuzione di poteri manageriali al dirigente scolastico non può essere considerata come la trasformazione estensiva di un ruolo professionale. Essa costituisce l'architrave di una regressione autoritaria che va ad intaccare gli istituti centrali della contrattazione. Non è infatti casuale che la parte riguardante la “valorizzazione del merito del personale docente” (art.16) non preveda alcun riferimento ad un testo contrattuale. Anzi è il dirigente, insieme ad un nucleo di valutazione da lui stesso nominato ad assegnare annualmente la somma del merito ai singoli docenti. Si dice solo che i criteri di attribuzione di 200 milioni a decorrere dal 2016 riguarderanno la qualità dell'insegnamento, il rendimento scolastico degli alunni e degli studenti, la progettualità nelle metodologie utilizzate, le innovazioni apportate nel miglioramento complessivo della scuola. Si tratta di enunciati privi di reale contenuto applicativo. Tutti tranne uno, quello del rendimento scolastico, assunto quale reale parametro di valutazione, indipendentemente dal contesto sociale, culturale ed economico di riferimento. Il contratto si configura qui come un elemento residuale: il “merito” è l'espediente ideologico per affermare una visione autoritaria e sostituisce la valorizzazione della professionalità attraverso criteri contenuti nel contratto, escludendo l'intervento della rappresentanza sindacale sulla condizione di lavoro. Il nodo della questione è questo. Si può decontrattualizzare il lavoro in due modi: o annullando il contratto, o svuotandolo di contenuti. Il disegno di legge sceglie questa seconda e anche se richiama la necessità di un nuovo contratto nazionale entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge (art.22), avanza un modello contrattuale che cessa di essere una autorità salariale, quale meccanismo di regolazione dei percorsi professionali e dei percorsi retributivi. Inoltre, l'approvazione della legge abroga “ogni disposizione contrattuale precedente” e dunque il contratto scaduto nel 2009 (ancora in vigore non essendo stato sostituito con un nuovo testo contrattuale). Il contratto deve essere rinnovato e rafforzato per recepire le trasformazioni che hanno investito la prestazione di lavoro nei processi educativi. Rimane, per utilizzare le parole di Gino Giugni, la Carta Costituzionale di quanti operano nei luoghi di lavoro.
La battaglia per dare valore al contratto è sempre una lotta di libertà delle persone che lavorano.


4 Il progetto renziano di distruzione dell'inclusione scolastica

Anziché essere inclusiva, la scuola renziana sembra esser fatta per escludere o, meglio, per cacciare via professionalità e per distruggere la lunga tradizione legata all'integrazione scolastica. L'idea di scuola renziana è coerente con se stessa: non ci si può aspettare che la scuola neoliberista sia particolarmente attenta ai bisogni di chi, in quanto soggetto debole, avrebbe bisogno di maggiori tutele.
Il DDL prevede la stabilizzazione di centomila docenti dal prossimo 1° settembre. Di questi, 8895 costituiscono la terza tranche delle stabilizzazioni previste dal DL104/2013 (decreto Carrozza). Il governo Renzi, quindi, per quanto concerne il sostegno, non pone in essere nessuna nuova assunzione, ma stabilizza una parte di lavoratori come previsto dal piano triennale del precedente esecutivo.
La stabilizzazione viene realizzata ponendo in essere condizioni di lavoro peggiorative per tutti i lavoratori. I neoimmessi in ruolo, anziché scegliere una sede provvisoria, indicheranno l'albo territoriale nel quale esser inseriti e dovranno esser assunti prioritariamente su posti di sostegno. Sarà il dirigente scolastico che deciderà, in modo del tutto discrezionale, quali docenti far lavorare per un triennio nella propria scuola. Tutto questo ovviamente comporterà una forte limitazione della libertà di insegnamento, con ricadute negative dal punto di vista occupazionale e didattico. Se infatti il docente intende superare l'anno di prova (che non è ripetibile ed è valutabile anche tramite ispezioni in classe) e spera poi di venir riconfermato in quella scuola nel triennio successivo, non potrà far altro che uniformare il proprio modo di insegnare alla volontà della dirigenza.
L'incubo della chiamata diretta riguarderà i neoimmessi in ruolo e, con tutta probabilità, i docenti di sostegno della secondaria di secondo grado. Questi ultimi costituiscono la dotazione organica di sostegno (DOS) a disposizione degli Uffici scolastici territoriali. Non avendo una sede di titolarità ed essendo sempre in utilizzo, i DOS rischiano di finire negli albi territoriali dai quali attingeranno i DS. Si pongono subito diversi interrogativi: cosa accadrà al docente di sostegno nel caso in cui dovesse diminuire, nel corso del triennio, il numero degli studenti diversamente abili dell'istituto? E nel caso in cui gli allievi dovessero aumentare, il dirigente chiamerà un docente di ruolo dall'albo o un precario? Quale sarà il dirigente che sceglierà per primo? E che fine faranno i docenti non scelti da nessuno? L'esecutivo intende applicare la ricetta neoliberista e procedere alla precarizzazione delle condizioni lavorative nel mondo della scuola, infischiandosene se a pagarne le conseguenze saranno gli studenti, i lavoratori e la società civile nel suo complesso.
Le 8895 immissioni non sono comunque sufficienti a coprire il fabbisogno annuale sul sostegno. Ogni anno le cattedre a disposizione sono superiori al numero dei precari specializzati. Questi ultimi, insieme ai non specializzati, in molti casi assicurano quella continuità didattica che l'amministrazione non è disponibile ad offrire con le stabilizzazioni. Dal prossimo 1° settembre le GAE e la graduatoria concorsuale del 2012 "perdono efficacia", vale a dire sono soppresse, mentre le graduatorie di circolo e di istituto di I fascia continueranno ad esistere fino all'anno scolastico 2016/2017. Ma l'aspetto più inquietante è dato dal divieto di stipulare contratti a tempo determinato oltre i 36 mesi di servizio. Ciò significa che i precari non potranno più tornare in classe fino a quando non avranno superato un concorso che permetterà loro l'accesso al ruolo. I precari con un numero di supplenze inferiore ai 36 mesi potranno invece insegnare fino a quando non raggiungeranno il limite imposto dal governo. Ciò potrebbe verificarsi anche nel corso dell'anno scolastico con conseguenze devastanti anche dal punto di vista della didattica. In questo modo il governo Renzi ribalta il senso della sentenza della Corte di Giustizia europea del 26 novembre scorso decidendo di risolvere il problema del precariato eliminando i precari. La continuità didattica, garantita fino ad ora col lavoro dei docenti precari, è destinata a scomparire; viene così messa in discussione la realizzazione del progetto di vita dello studente diversabile e le condizioni materiali di esistenza dei lavoratori precari. Questi ultimi si ritroveranno nella condizione paradossale di dover superare un nuovo concorso per assicurarsi la speranza di poter lavorare nuovamente nella scuola.
Il governo sta mettendo in discussione il modello di inclusione scolastica così come è stato realizzato a partire dagli anni Settanta del secolo scorso: l'art. 21, c.2, lettera e del DDL indica chiaramente la volontà di ridefinire il ruolo del personale di sostegno. Nel mese di febbraio, Faraone ha manifestato l'intenzione di trasformare l'insegnante di sostegno, da soggetto che promuove l'inclusione scolastica, a specialista delle singole patologie con conseguente separazione delle carriere tra posti curricolari e di sostegno. Detto altrimenti, la strada che il governo intende intraprendere è quella della progressiva medicalizzazione dell'istruzione, proposta antitetica a un progetto di scuola autenticamente inclusivo, democratico, attento ai bisogni di tutti e di ciascuno. Oggi più che mai bisogna decidere da che parte stare,mobilitandosi e mobilitando le coscienze a favore di un progetto di scuola autenticamente democratico.


5 Il grande illusionista

Erano 150 mila assunzioni o.....licenziamenti?
L'illusionista studia la psicologia umana per trovare quelle falle attraverso cui può "introdursi". La principale falla, ad esempio, è quella del completamento logico. La mente, in pratica, date due azioni non consequenziali inferisce che debba esistere almeno una terza azione che porti dalla prima alla seconda. Come terza azione sarà scelta la più semplice disponibile.
Per modificare la realtà della scuola italiana pare chiaro, anche ad un non addetto ai lavori, che l'unica azione possibile sia riportare l'organico almeno nella situazione pre–Gelmini anche se non sarebbe sufficiente in quanto nel frattempo il numero di alunni è notevolmente aumentato.
E infatti nel “pacco regalo” del nostro grande illusionista la “carta luccicante” parlava appunto di aumento di numero dei docenti: ”Per questo lanciamo un Piano straordinario per assumere a settembre 2015 quasi 150 mila docenti...” e non smentendo mai i numeri dati nel piano incominciava ad affrontare la realtà nella legge di stabilità, approvata circa quattro mesi dopo, dove la carica dei 150 mila si trasformava nell'obiettivo più modesto della “realizzazione di un piano straordinario di assunzioni”.
La legge di stabilità però non fu solo un cambio di lessico rispetto alle intenzioni del Governo ma fu, negli articoli seguenti, il ritorno o meglio la continuazione della politica liberista di smantellamento della scuola pubblica in atto da ormai quasi un decennio.
La somma dei tagli diretti contenuti nella legge di stabilità previsti sugli organici della scuola ammontano ad oltre 400 milioni di euro.
Scrivo tagli diretti perchè buona parte dei tagli riguarda le supplenze brevi e saltuarie (circa 200 milioni) per le quali viene prevista la copertura attraverso l'autorizzazione di ore eccedenti (straordinario) da pagarsi con i soldi dati alle scuole al fine del miglioramento dell'offerta formativa!
E visto che il gioco di prestigio era passato senza colpo ferire nell'opinione pubblica il grande illusionista aumenta il grado di difficoltà e nel disegno di legge trasforma da 1 giorno – previsto nella legge di stabilità – a 10 giorni il periodo di assenza del docente titolare in cui non sarà più possibile chiamare un supplente.
Ma quanto vale questo gioco di prestigio?
Analizzando i dati dati del bilancio previsionale del MIUR 2014-2016 le supplenze brevi e saltuarie valgono oltre 720 milioni di euro! Se la previsione contenuta nella relazione tecnica alla legge di stabilità prevedeva un risparmio di 135 milioni per il primo giorno è facile immaginare che oltre il 90% delle supplenze brevi e saltuarie siano entro i 10 giorni e che il risparmio aggiuntivo ottenuto in questo modo dal governo sia superiore ai 400 milioni di euro. Ma come si dice due coincidenze fanno un indizio e quindi andiamo a vedere quanto valgono i fondi del miglioramento dell'offerta formativa che come previsto dalla legge di stabilità dovranno essere usati prioritariamente per il pagamento delle ore eccedenti: bingo 642 milioni di euro!
Quindi riassumendo 400 di risparmi previsti in finanziaria + 400 di risparmi per l'allungamento a 10 giorni della mancata copertura delle assenze del personale docente + 600 milioni presi dal MOF per il pagamento delle ore eccedenti e siamo a 1,4 miliardi di euro di tagli sulla scuola! Niente male per chi scriveva “Per questo dobbiamo tornare a vivere l’istruzione e la formazione non come un capitolo di spesa della Pubblica Amministrazione, ma come un investimento di tutto il Paese su se stesso. Come la leva più efficace per tornare a crescere.”
Ma i 150 mila che fine hanno fatto?
Dalla relazione tecnica al disegno di legge:“la norma consente le seguenti immissioni in ruolo aggiuntive rispetto alla legislazione previgente” pari a 48.812 docenti per una spesa di 1,728 miliardi di euro di cui 1,4 miliardi li sta mettendo la scuola !
La montagna ha partorito il topolino! Se consideriamo che alla fine parliamo di 328 milioni di euro, forse!
Allora possiamo finalmente dire che il nostro grande illusionista ha creato quasi 50 mila posti di lavoro che prima non c'erano? Purtroppo nemmeno la risposta a questa domanda risulta affermativa in quanto confrontando sempre la solita relazione tecnica vedremo che nel 2023 rimarranno nel primo gradone stipendiale (0-8) solo 156 persone che saranno coloro che fino a questo momento non avevano mai lavorato per la scuola! E questo ci dimostra che non ci stanno mettendo nemmeno i 328 milioni: forse saranno risparmi sul capitolo “spese per le supplenze a tempo determinato”?
Ma rimangono ancora due domande a cui nessuno fino ad oggi ha dato una risposta che sono le seguenti:
quanti saranno i nuovi disoccupati che si verranno a creare dal mancato conferimento delle supplenze all'esterno e dal conferimento delle ore di straordinario al personale a tempo indeterminato?
quanti saranno i nuovi disoccupati che si verranno a creare con l'introduzione della norma che fissa in 36 mesi il periodo massimo di supplenze?
In attesa che il grande illusionista risponda alla nostra domanda finiamo da dove avevamo incominciato “come terza azione sarà scelta la più semplice disponibile” riportando il massimo esercizio di demagogia contenuto nella proposta Renziana: “Ci serve una buona scuola perché l’istruzione è l’unica soluzione strutturale alla disoccupazione, l’unica risposta alla nuova domanda di competenze espresse dai mutamenti economici e sociali.”