L'attribuzione di poteri
manageriali al dirigente scolastico non può essere considerata come
la trasformazione estensiva di un ruolo professionale. Essa
costituisce l'architrave di una regressione autoritaria che va ad
intaccare gli istituti centrali della contrattazione. Non è infatti
casuale che la parte riguardante la “valorizzazione del merito del
personale docente” (art.16) non preveda alcun riferimento ad un
testo contrattuale. Anzi è il dirigente, insieme ad un nucleo di
valutazione da lui stesso nominato ad assegnare annualmente la somma
del merito ai singoli docenti. Si dice solo che i criteri di
attribuzione di 200 milioni a decorrere dal 2016 riguarderanno la
qualità dell'insegnamento, il rendimento scolastico degli alunni e
degli studenti, la progettualità nelle metodologie utilizzate, le
innovazioni apportate nel miglioramento complessivo della scuola. Si
tratta di enunciati privi di reale contenuto applicativo. Tutti
tranne uno, quello del rendimento scolastico, assunto quale reale
parametro di valutazione, indipendentemente dal contesto sociale,
culturale ed economico di riferimento. Il contratto si configura qui
come un elemento residuale: il “merito” è l'espediente
ideologico per affermare una visione autoritaria e sostituisce la
valorizzazione della professionalità attraverso criteri contenuti
nel contratto, escludendo l'intervento della rappresentanza sindacale
sulla condizione di lavoro. Il nodo della questione è questo. Si può
decontrattualizzare il lavoro in due modi: o annullando il contratto,
o svuotandolo di contenuti. Il disegno di legge sceglie questa
seconda e anche se richiama la necessità di un nuovo contratto
nazionale entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge (art.22),
avanza un modello contrattuale che cessa di essere una autorità
salariale, quale meccanismo di regolazione dei percorsi professionali
e dei percorsi retributivi. Inoltre, l'approvazione della legge
abroga “ogni disposizione contrattuale precedente” e dunque il
contratto scaduto nel 2009 (ancora in vigore non essendo stato
sostituito con un nuovo testo contrattuale). Il contratto deve essere
rinnovato e rafforzato per recepire le trasformazioni che hanno
investito la prestazione di lavoro nei processi educativi. Rimane,
per utilizzare le parole di Gino Giugni, la Carta Costituzionale di
quanti operano nei luoghi di lavoro.
La battaglia per dare
valore al contratto è sempre una lotta di libertà delle persone che
lavorano.
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